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Il "come si dice" e il "come si fa il diritto" nell'orizzonte della "giustizia" non sono mai indipendenti da un pensiero complessivo che dia forma alla giuridicità nella pratica. Primaria è pertanto una conoscenza valutativa: che non rinunci all'esplorazione di un'identità del diritto; eppure mai la pregiudichi in base a un ostracismo isolazionista, quali che siano, su versanti opposti, le provocazioni delle mitologie scientifiche o delle negazioni scettiche. Questa vocazione critica e ricostruttiva ha nel paradigma della complessità metodica la sua rosa e la sua croce. La formazione giuridica, nei pur distinti piani delle sue varie configurazioni possibili, rimane al centro, oltre che della storia, della cultura (già in un senso antropologico). Nel necessario e costante confronto con le analisi economiche, con le urgenze storiche e con i progetti politici contingenti, i discorsi giuridici aspirano, fra mille traversie, a trascendere i tempi e gli spazi: anche quelli che parrebbero dominati dal senso di perdita del diritto.